Dopo aver letto “Se solo fosse vero”, ho deciso di immergermi nella lettura del seguito di questa duologia.
Se potessi rivederti, inizia qualche mese dopo il risveglio di Lauren. Lei ha ripreso la sua vita da tirocinante nel reparto di neurologia dell’ospedale di San Francisco. Arthur, invece, si è buttato a capofitto in un nuovo progetto dall’altra parte del paese, per provare, inutilmente, a dimenticare Lauren.
Anche in questo libro, ritorna il tema del coma e del modo in cui chi si trova in questo stato possa in qualche modo comunicare con il mondo esterno, anche se non se ne rende conto. Lauren purtroppo non ricorda assolutamente niente dei mesi passati in coma, per lei sono un buco nero. Per Arthur invece no. Ricorda tutto e questo non gli permette di andare avanti.
Di questa storia mi piace assolutamente questa matrice fantascientifica, i fantasmi e il loro mondo in qualche modo mi affascina. Ma in ogni caso, ho trovato quasi superfluo questo seguito, mi è sembrato solo un modo per voler a tutti i costi arrivare ad un lieto fine. Un pò come il seguito de “Il cavaliere d’inverno”, per non parlare del terzo!
Io adoro i lieto fine, ma in questo caso l’ho trovato molto forzato, la storia in un certo senso si ripete. Inoltre, mi è sembrato superfluo l’inserimento di storie di altri personaggi secondari e marginali alla storia. In compenso, ho adorato Miss Morrison e il suo Pablo, mi hanno fatto troppo ridere!